Esiste una alternativa praticabile alla totale dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale?
Ebbene sì. Ciò che a molti appariva solo una chimera, oggi diventa realtà grazie alle Comunità energetiche.
Facciamo un passo indietro.
Con l’approvazione della Direttiva RED 2 2018/2001, l’Unione Europea ha previsto che entro il 2030 le energie rinnovabili dovranno incidere per almeno il 32% sul consumo finale lordo di energia.
Non più tardi di tale data, in sostanza, gli Stati Membri dovranno porre in essere tutte le strategie e misure necessarie per l’innalzamento della quota di produzione di energia da fonti pulite.
L’Italia ha recepito l’atto legislativo europeo con l’introduzione di specifiche misure previste nel Decreto Milleproroghe e con l’emanazione del D.lgs. 199/2021, che hanno formalmente istituito le comunità energetiche.
Ma che cos’è una comunità energetica?
Con questo termine si intende un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili.
Di fatto si tratta di un importante passo avanti in direzione di uno scenario energetico basato sulla generazione distribuita, che favorirà lo sviluppo di energia a chilometro zero e di reti intelligenti.
La novità sta nella proprietà dell’impianto: esso infatti può essere messo a disposizione anche da uno solo dei membri partecipanti alla comunità o da un soggetto terzo come il Comune, con il quale può essere previsto un convenzionamento per il sostenimento delle spese di investimento e di avvio dell’impianto stesso.